Tra le pieghe della roccia e il respiro dell’altitudine
- corradovaccaro
- 30 ago
- Tempo di lettura: 1 min
Quest’estate ho vissuto la mia prima vera immersione nell’alpinismo d’alta quota. Naturalmente non sono mancate le consuete vie di roccia: un viaggio verticale tra alcune delle montagne più iconiche d’Italia.
Tutto è iniziato con il Gran Paradiso, la mia prima cima oltre i 4000 metri. Un battesimo dolce e severo, dove il respiro si fa corto ma il cuore si allarga.
Poi le Torri del Vajolet, nel Catinaccio: lo Spigolo Piaz sulla Torre Delago e lo Spigolo Sud-Ovest sulla Torre Piaz. Vie storiche, disegnate per chi ama l’eleganza della linea e il fascino della verticalità.
Nel Gruppo del Sella, la Via Jahn sulla Terza Torre mi ha regalato il gusto dell’arrampicata classica, tra fessure, camini e traversi che raccontano storie di pionieri.
E infine il Gran Sasso, sul Corno Piccolo, con tre vie indimenticabili: la Diretta Consiglio sul Campanile Livia, la Di Federico-De Luca sul Monolito e le Placche di Odino sulla Prima Spalla.
Ogni salita è stata un piccolo viaggio. Ogni appiglio, una scoperta.
























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